Una lunghissima storia d’amore che si tramanda da generazioni: l’arte della panificazione che a Cerchiara è diventata una identità alimentare.

Il pane si faceva in casa, condividendo un momento di socialità che era un rituale semplice e potente, come il lievito madre da cui prende vita. Una storia che per secoli ha generato produttività e che oggi ritorna ad essere feconda di nuovi sguardi su una dimensione più ampia di quella locale. E’ la storia del pane di Cerchiara, una tradizione che si tramanda da madre in figlia, di famiglia in famiglia, e che oggi grazie alla riscoperta di un brand territoriale è diventata una identità alimentare capace di presentare il Pollino e la Calabria agli occhi del mondo. Da tempo sono le nuove generazioni ,che decidono di non lasciare il Sud, a prendere il testimone e la responsabilità della cultura del pane. Un elemento tanto semplice dalla forza evocativa dirompente. 

«Fare il pane è una tradizione e la tradizione richiede esperienza e rispetto – racconta Vito Elisa – La panificazione è un’arte e l’arte richiede amore e l’amore pazienza. Questi sono gli ingredienti che riconoscerete nei nostri prodotti da forno, perchè è così che questo mestiere ci è stato insegnato. Questa la tradizione che vogliamo trasmettere». Lei è una delle donne dalle braccia vigorose che ha saputo ereditare e custodire la sapienza del saper fare il pane dalla nonna, poi dalla madre e si appresta a restituire quella sapienza arcaica alle figlie che già l’affiancano nell’attività cresciuta nel corso degli anni. 

Cerchiara la città del Pane 

Nel paese adagiato su uno spuntone di roccia ai piedi del Monte Sellaro, nel parco nazionale del Pollino, si contano dodici forni, otto mulini storici di cui tre attivi, un museo del pane. Da elemento necessario del vivere quotidiano per sfamare le proprie famiglie le panificatrici del borgo ne hanno fatto un business oggi rinomato e apprezzato: i forni sono interamente in rosa e non è un caso che sorgano sotto il balcone o a pochi metri da casa. Tra le donne dell’arte della  panificazione cerchiarese ci sono Vito Elisa e le due figlie Mariangela e Caterina divenute testimoni contemporanee di un territorio che fino a qualche decennio fa, come è stato per tanti areali del Sud prima dell’abbandono delle terre, era legato a doppio filo con il grano.

L’attuale abitato, al centro di una zona monastica di grande importanza, risale al Medioevo, anche se i primi documenti attestanti l’esistenza del paese risalgono al periodo Bizantino [X sec] dove viene indicato col nome di Circlarium.

Terra baronale di Calabria Citra con annessi i casali di Plataci e San Lorenzo Bellizzi, dal 1500 fu Ducato dei Pignatelli. Di particolare rilievo storico architettonico risultano essere: la Chiesa di S. Antonio e il Convento degli Osservanti [XVII sec]; la Chiesa di S. Giacomo [XV sec]; la Chiesa di S. Pietro apostolo d’impianto rinascimentale; i ruderi del Castello Feudale costruito nel ‘300; il Santuario della Madonna delle Armi [XV-XVI sec] testimonianza significativa di arte rinascimentale; alcuni palazzi nobiliari ottocenteschi [Palazzo Rovitti, Palazzo Pistocchi, Palazzo Lupinacci, Palazzo Zuccaro]; la Grotta delle Ninfe, già nota ai sibariti, le cui acque sulfuree alimentano l’omonimo complesso termale.

L’arte della tradizione tutti i giorni 

Prima impegnata in una piccola attività ristorativa, per la quale già produceva il pane per la sua tavola, Elisa Vito insieme al marito Andrea Nicoletti decide nel 1983 di trasformare in attività aziendale l’abilità della quotidiana tradizione della panificazione casalinga. 

Da allora ogni giorno la ritualità artigianale si ripete.  Il lievito madre che si usa per gli impasti è lo stesso ereditato da sua nonna, “rinfrescato” per generazioni, e che ancora esprime la sua potenza generativa nelle produzioni da forno che ogni giorno arrivano sulla tavola dei cerchiaresi e dei mercati italiani che si è saputo conquistare. 

Un processo produttivo dalla forma inconfondibile 

Di forma rotonda, ottenuta nel momento dell’infornata ripiegando la pasta su se stessa, il pane presenta la tipica “gobba” che ricorda il profilo del Monte Sellaro che domina l’abitato di Cerchiara. Le forme hanno un peso che varia da 1 a 5 kg. La sua peculiarità è la capacità di conservare la fragranza e il profumo per oltre 15 giorni dalla sua produzione. Il colore della mollica risulta giallastro con occhiature pronunciate ed una crosta spessa dal profumo intenso e biscottato.

Le farine, rigorosamente selezionate tra i migliori molini locali, l’acqua del parco nazionale del Pollino, il lievito naturale/madre, il clima temperato dei luoghi, la lenta lievitazione, le mani sapienti, la cottura nel forno a legna, fanno di questo pane l’orgoglio della comunità. «C’è tutto nel pane – spiega Mariangela Nicoletti – È una filosofia racchiusa in un prodotto».

 

Mariangela Nicoletti | Responsabile marketing panificio Vito Elisa

Elisa Vito | Panificatrice